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Bei Bambini
Tsara Zaza significa, in lingua malgascia, Bei Bambini ed è il nome dato alla casa di accoglienza per bambini handicappati o denutriti, costruita nella cittadina di Mananjary, costa est del Madagascar, dall’Associazione di volontariato "Costruire Insieme" di Torino e inaugurata all’inizio dell’anno 2009.
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Sono Fabrizio Marchisio di Mondovì
e vi racconto la mia esperienza come volontario dell'associazione Costruire Insieme: sono appena tornato dal mio secondo viaggio del 2014 in Madagascar: preventorium Tsara Zaza !!
Ma partiamo dall'inizio:
Dicembre 2013, vacanze di Natale: in un momento di crisi esistenziale e avendocela a morte con il mondo, (forse grazie anche all'aiuto dello yoga che ti fa ragionare con la tua testa) decido di dare una svolta alla mia vita... faccio qualcosa per me e per gli altri!
Ma cosa fare? A chi rivolgersi? A tempo perso, siccome mi piace stare con i bambini e i ragazzi, faccio l'allenatore di pallavolo a Vicoforte e, caso vuole che Laura, una ragazza che alleno, mi parli di Laura, Carla e di un posto dove lei è stata un paio d'anni prima: una casa di prima accoglienza per bambini gestita dall'Associazione Costruire Insieme in... Madagascar!!
Ci penso un po' (ma neanche troppo), contatto Carla, parlo e incontro Laura e... quasi per magia, giovedì 24 aprile 2014 alle 6,30 mi trovo seduto al mio posto, in compagnia di un'allegra combriccola formata da Laura (vera anima, mente e corpo dell'associazione), Giangi (fido contabile e altro componente fondamentale dell'associazione), Nella e Vilma (volontari come me) sull'aereo per Parigi dove prenderemo la coincidenza per Antananarivo.... destinazione Madagascar!
Detto fatto... non mi sembra vero... per una volta ho preso in mano la mia vita e decido di fare qualcosa.
Dopo quasi 13 ore di volo e l'arrivo in notturna ad Antananarivo, un po' di riposo presso l'Episcopato e poi, al mattino, un rapido giro della capitale per alcuni veloci acquisti (in primis la fida "pouce" telefonica Orange per chiamare in Italia) in compagnia di Giangi... ed eccomi in UN ALTRO MONDO!
Ebbene sì, mi sono trovato catapultato in un luogo e in situazioni delle quali senti parlare o vedi filmati ma che ritieni non possano esistere veramente.
Gente che lava i panni nelle pozzanghere lungo le vie principali, persone praticamente nude e disperate e Porsche Cayenne allo stesso incrocio, bancarelle colorate (e molte volte improvvisate), i famosi "taxi brousse" (pulmini stile Fiat Scudo con 20 persone schiacciate a bordo e un paio di metri di roba sul portabagaglio) in grado di attraversare il paese da nord a sud... da non credere!
Il giorno seguente inizia il nostro viaggio di trasferimento dalla capitale a Mananjary, cittadina di circa 20.000 abitanti sul mare situata sulla costa orientale del Madagascar, dove c'è la nostra destinazione finale: la NOSTRA casa... Tsara Zaza!!
Durante il viaggio le differenze con l'Italia accrescono: il nostro tragitto (circa 600 km) dura circa 15 ore e viene effettuato in 2 giorni... Le strade, con esclusione di alcuni tratti costruiti alcuni anni addietro da imprese italiane o francesi, sono tutte "bric e saut" (espressione piemontese per dire "un buco unico") continuo, alternando tratti decenti a tratti dove la sede stradale praticamente "non esiste"... ma si va avanti, dobbiamo/vogliamo arrivare a destinazione.
Finalmente, nel primo pomeriggio, arriviamo a Mananjary, prendiamo una strada esterna e arriviamo in un posto direi "magico"... TSARA ZAZA.
Perché magico: perché appena arrivi vedi una costruzione in muratura colorata di azzurro, vedi dei bellissimi campi coltivati e alberi da frutto (e fai delle scoperte... l'ananas nasce dal basso!!) e una valanga di bambini sorridenti e festosi che ti viene ad accogliere, ti saluta presentandosi uno ad uno, e ti fa subito capire che da li in poi sarai "uno di loro"... Non te lo dicono apertamente ma te lo fanno capire i loro occhi!
Ed è vero, dopo pochi minuti di permanenza a Tsara Zaza il tuo cuore si apre e capisci che il legame con loro non potrà finire!
Le prime persone che conosci sono i dipendenti della struttura (tutti malgasci, poiché gli italiani sono tutti volontari) : il direttore monsieur Arsene e la moglie, insegnante presso la scuola dei Gesuiti, le cuoche, i contadini/guardiani (che hanno la loro casa all'interno del centro), le signore che si occupano di fare quotidianamente il bucato, le signore che si occupano dei bambini piccoli, la maestra della piccola scuola interna che insegna ai bambini un po' più sfortunati che per svariati motivi non hanno la possibilità di seguire un regolare corso di studio e poi loro, il motivo per il quale decidi di partire ed avventurarti in questa nuova e profonda esperienza: i RAGAZZI.
Al nostro arrivo quelli presenti nel centro sono solo una parte, ci sono i più piccoli che non frequentano ancora la scuola e quelli con alcuni handicap; infatti alla sera c'è in arrivo una allegra moltitudine di bambini, tutti vestiti con il loro grembiule colorato per differenziarli in base alla scuola che frequentano... sono il resto del gruppo. Ci sono maschi e femmine di tutte le età (si va dalle poche settimane ai 16 anni) con i più svariati problemi alle spalle (abbandono famigliare, disagi sociali, portatori di handicap ecc.).
E ti senti subito parte di una grande famiglia; sì, perché già dopo poche ore capisci che ormai il tuo cuore è pieno dei loro sorrisi, dei loro sguardi e ti rendi conto che ti hanno praticamente "rapito" senza che tu te ne sia accorto. Essendo un neofita all'inizio il timore su cosa e come fare ti assale ma Laura e i bambini stessi ti fanno capire che la cosa importante per loro è che tu ci sia, per qualsiasi cosa: dal gioco allo studio, dalla parola di conforto alla sgridata (quante ne ho date al povero DadaMax...), dai massaggi fisioterapici alla giornata festosa con le olimpiadi e la Nutella per tutti.
Che sensazione da brivido quando già il giorno seguente tutti ti guardano sorridenti e ti chiamano già per nome; o quando Cinzia e Marcellino (i due bimbi cerebrolesi) ti riconoscono e ti sorridono e fanno di tutto per potersi avvicinare a te e vedi che imparano ogni giorno un cenno che tu gli insegni.
Dopo poche ore sei già entrato a far parte della grande famiglia di Tsara Zaza perché tutti, dal primo all'ultimo, ti fanno sentire importante e uno di loro. Certo poi con alcuni di loro, per svariate alchimie, si viene ad instaurare un rapporto particolare (Cinzia e Marcellino, Adèle e Renana, Nicolas e Jeniqua, Fabrice e DadaMax - diventato alla fine operatore ecologico e usciere del centro)...
Anche questo angolo di mondo non si sottrae dal resto del paese, perciò ci sono cose che in Italia non capiresti e potresti accettare: prendere l'acqua dal pozzo ed utilizzare i secchi per fare la doccia, seguire il "corso del sole" che prevede sveglia alle 5,30 del mattino per iniziare le attività e andare a dormire alle 21 di sera; andare nei villaggi dove la case sono piccole palafitte di dimensione 4mt x 2mt fatte con foglie di ravenale (una pianta locale e simbolo del Madagascar) essiccate, senza acqua ne luce e dove per scaldarsi e fare fuoco si utilizza il carbone; vedere nei piccoli negozietti che ci sono lungo la strada un bambino che va ad acquistare 5 cucchiai di miele e 2 sigarette... Forse i romani 2.000 anni fa erano più avanti...
Ma quando sei li accetti tutto, perché quella è la loro vita e tu stai bene con loro. Poi viene il 23 maggio, giorno della prima partenza e... che tristezza!! La sera prima della partenza c'è la tradizionale serata del saluto, con i ragazzi che ti fanno un pensiero di ringraziamento e un canto, e vedi che le facce non sono le stesse delle altre sere... Al mattino i ragazzi che frequentano la scuola vengono davanti alla casa dove abitiamo per l'ultimo saluto e tu vedi degli occhi lucidi; qualcuno ha lo sguardo rivolto verso il terreno per non farsi vedere... in crisi, un paio di loro piange... un pugno nello stomaco ma tant'è... Bisogna partire per tornare in Italia con la promessa, a loro e a noi stessi, di ritornare presto.
Mese di luglio 2014, quella santa donna di Laura mi chiama e mi dice: noi a novembre torniamo giù; tu che fai? Le rispondo: dammi un paio di giorni per capire come sono messo a casa con i miei e ti dico...
Chi l'avrebbe mai detto: eccomi il 4 novembre seduto sullo stesso aereo preso sette mesi prima pronto per la mia seconda esperienza nella mia seconda famiglia: a Tsara Zaza. Unica variazione: i miei compagni di avventura. Infatti al trio (io, Laura e Giangi) in sostituzione di Vilma e Nella, si sono aggiunti due ragazzi della Valle d'Aosta: Federica e Yuri!
Che bello vedere che all'arrivo al centro tutti si ricordano di te; e che emozione vedere alla sera i ragazzi che tornano da scuola correrti incontro per abbracciarti urlando il tuo nome. Poi lo svolgersi della vita quotidiana all'interno del centro e nella cittadina di Mananjary, condita da problemi e gioie, fino al primo momento toccante... la partenza di Yuri e Federica.
E' inutile, anche dopo sole due settimane i bambini si legano a te e si nota la sera del saluto: tutti sono tristi.
Arriva infine la serata della nostra festa: è il 2 dicembre... le facce di tutti i bimbi sono ancora più tristi del solito; il mio regalo è un fantastico cappello d'artigianato locale.
Il 3 è invece il giorno della partenza; sono le ore 12, Julien viene a prenderci con il pulmino e iniziamo a caricare i bagagli; i ragazzi sono venuti a salutarci al mattino prima di andare a scuola ma... Sorpresa!!Anziché fermarsi a scuola a mangiare, quelli che sono vicini rientrano a Tsara Zaza per salutarci...
E' un vero colpo al cuore... una marea di occhi lucidi e singhiozzi, bimbi che ti abbracciano e ti chiedono di ritornare; il tuo cuore si riempie di gioia e i tuoi occhi di lacrime... è veramente difficile lasciare di nuovo questa grande famiglia. Mentre il pulmino lascia Tsara Zaza ti guardi dentro e ti dici: se sono dispiaciuti perché vado via vuol dire che ho fatto qualcosa di importante per loro e ti viene in mente solo una cosa:
RITORNARE IL PIU' PRESTO POSSIBILE da quei bimbi che ti guardano con degli occhi che ti dicono tutto.
Fabrizio